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LO SCOOP DELL’HUFFINGTON POST

Dal 4 marzo 2018,  giorno tragico della calata delle orde barbare sui poveri resti di Roma, piena di buchi e povera di Virginie, con una sola oca al Campidoglio a dare l’allarme, Lucia Annunziata e Alessandro De Angelis, difendono strenuamente gli ultimi resti della Res-pubblica italiana.
Imperterriti,infaticabili, inarrestabili e invincibili continuano la loro battaglia, respingendo le orde leghiste commiste a quelle grilline.
Battaglia epica che andrà combattuta su tutti i piani, cercando di estirpare il male dalle radici, facendo opera di informazione su tutto quello che è attribuibile al Visigoto Salvini e al predone dei mari del Sud Di Maio.

A tal scopo, fornendosi di validi collaboratori, uomini d’arme e penne votati a stoico martirio, sprezzanti di pericolo e al grido “O Lega o Roma”, la Annunziata e De Angelis sono riusciti a scovare l’antesignano di tutti i mali leghisti.

La connotazione razzista e leghista della scelta tra Barabba, il rappresentante del popolo,e il messia dei Perduti Discepoli, figlio di Arcore.

Essa nasce nelle assolate e aride terre di Palestina, in quella Gerusalemme allora dominio romano, dove il Giro di Bighe d’Italia era già realtà.

Da attente letture antropologiche sembrerebbe che una parte di padani sarebbe scesa in Medio Oriente a fecondare le figlie di Israele, dando così vita ai Faribossi che istigarono nella popolazione locale quel nutrito composto di odio e rabbia che condannò il messia dei Perduti Discepoli alla croce (che essi volevano celtica, ma Ponzio Mattarellis Pilato se ne lavò le mani, dichiarandosi custode delle tradizioni e della legislazione romana, nonchè difensore dei risparmi pubblici con tanto di spending review su opere di intaglio e altro).

Le accuse erano gravi: il messia dei Perduti Discepoli venne condannato non tanto come eretico e capo del movimento dei Perduti Discepoli e per la falllita truffa della moltiplicazione di pani e pesci e fritture di paranza con susseguente tragico dimezzamento degli invitati, né per aver quasi resuscitato Lazzarcore, ma come figlio di immigrati entrati irregolarmente.

Per di più aveva dichiarato di essere nato in una mangiatoia e si ritrovava un palazzo in possesso benché vivesse solo dell’obolo versato dai suoi fedeli.

L’unico ante litteram pentito leghista di allora fu un certo Giuda Salviniota che, in anticipo alla sentenza della Corte di oggi, restituì i 30 danari.

Somma della quale si era indebitamente appropriato e che dovrebbe essere comunque scorporata dal restante dei 49 milioni di oggi.
Dalla vergogna cercò di impiccarsi a un ramo di un Ulivo innestato con Fassinus mediterraneo, ma la troppa secchezza dei rami non resse al peso.

Fu sempre un centurione romano originario di Pontida a imbevere la spugna non in aceto come comunemente narrato, ma di acqua del Po (pediquossamente mandatagli, tramite i suoi Fratelli dall”Italia, dalla mamma affinchè potesse fare le abluzioni mattutine).

Al che il povero Cristo (in tutti i sensi) non potè non fare un gesto di disgusto, essendo già da allora le acque del fiume insozzate dai continui bagni di terghe leghiste.

A nulla valsero, ai piedi della croce, le lacrime della Boschi della Maddalena, venuta sin lì dalla lontana Etruria, della Maria della Maida e della Maria della Morani e del fido Orfingiuann.

Alla dipartita del messia, un boato terribile e un tremore della terra scosse le viscere della Palestina fino ad Amatrice e dintorni.

Subito furono stabiliti nuovi dazi per la ricostruzione, ma presto scomparirono per riapparire, secoli dopo, in una magnifica villa in Firenze.

La tunica rossa, che aveva accolto il corpo del messia durantre il calvario dal 4 dicembre al 4 marzo, venne raccolta da Giuseppe di Savianotea e indossata, a sprezzo del pericolo, come ricordo dell’emorragia di comunismo che sarebbe divenuta di lì a qualche secolo.

Lo stesso Giuseppe di Savianotea pose il corpo del messia nella sua depandance di campagna, mentre consolava la Boschi della Maddalena nel suo attico a Gerusalemme.

Onde prevenire che, a sua insaputa, il corpo fosse trafugato dai legioleghisti o dai facinorosi locustiani con a capo Luiginus Dimaius, mise a guardia dell’ingresso la sua scorta, scegliendo, tra i più Fedeli, i “più migliori”.

Ma, il terzo giorno, le donne, fra le quali la Buona Boldrinea, accompagnate da Gaio Grasso, corsero da Giuseppe di Savianotea a raccontargli che la depandance era vuota, la scorta dormiente e il corpo scomparso, il conto defraudato.

Assisa sul muricciolo avevano trovato solo l’angelo della pompa, Emmaus Boninos, che aveva avvertiti loro di non preoccuparsi.
Tutt’intorno si diffuse un profumo dolce di Rosato, mentre un Romano convertito all’ennesimo salto della quaglia, correva a dare la buona notizia nei circoli ebraici del rabbino Gadlernerus.

Pur mettendosi le mani nei capelli, Giuseppe di Savianotea non riuscì a venire a capo di quel mistero.
Che fine aveva fatto il corpo del messia dei Perduti Discepoli?
Trafugato dai legioleghisti?
Asportato dai locustiani?
Scomparso nella Terra dei Fuochi del tribuno Quantus Cazzus Rompos De Luca?
A ognuna di queste possibilità non poteva dare, oggettivamente, piu’ del 17% di percentuale.

Ma fu lo stesso messia a fornirgli ogni spiegazione, tanto che Giuseppe di Savianotea non dovette prendere in carico tesi di altri, per una volta.

Riapparve, il messia, qualche tempo dopo, all’assemblea dei Perduti Discepoli.
Costrinse il povero MartinPietro a rinnegare tre volte l’alleanza con i locustiani, obbligò il miscredente Tommacuperlo a toccargli il costato, e, prima di ascendere al cielo, dove siede alla dx del padre di Arcore, lasciò il suo ultimo insegnamento: ” ..e perderete di nuovo”.

Questo lo scoop che si appresta a pubblicare l’ Huffington Post di Lucia Annunziata e Alessandro De Angelis e che getterà nuove ombre sul passato oscuro del capo dei visigoti Salvini.
Avanti adagio, fanculo.

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