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L’ameba della politica

L’ameba è un genere di Protozoi Rizopodi, della classe Lobosi, che comprende specie d’acqua dolce e marine, e alcune parassite dell’uomo e degli animali.

E dal 2018 anche della politica.

Una caratteristica particolare di questi organismi unicellulari è di mutare continuamente forma a causa del loro citoplasma privo di scheletro.

Queste estroflessioni della membrana permettono alla cellula di strisciare sul substrato, adattandosi.

Il politico (???) in foto quindi corrisponde esattamente alla descrizione fin qui fatta: cerchiobottismo con capacità di dire e fare tutto e il contrario di tutto, indecisione e ambiguità persino su termini lessicali (congiunti, armi difensive e offensive), maestro del penultimatum (come lo dichiarò lo stesso Grillo), una consistenza caratteriale degna del Don Abbondio manzoniano pur di portare la pagnotta a casa.

E’ l’unico esempio di capo di un partito che lavora sulla linea politica da seguire in smart working.

Nel senso che al mattino un Casalino qualsiasi e una schiera di giornalisti pretoriani al risveglio gli fanno trovare puntualmente una cartellina con su scritto “leggi e studia”: un po’ di sondaggi, qualche oroscopo, qualche letterina di bimbe innamorate della pochette e la linea politica del M5S è consegnata bella e fatta dal vero capo in pectore del movimento, il Travaglio secondo Marco.

Unico problema che il marchio è ancora di Beppe Grillo, che quindi conta ancora qualcosa rispetto a Conte che non ha mai contato.

Ecco perchè l’equivalente per i grillini del libretto rosso di Mao, cioè il Disfatto Quotidiano, sapendo che il cavallo (il M5S) è comunque brocco, per disarcionare il fantino (Grillo) cerca di dopare lo stalliere (Conte).

Dopotutto bisogna pure guadagnarseli quei 2,5 milioni di prestito garantito al 90% dallo Stato (provate voi ad avere un prestito garantito con i conti in rosso da 1 milione e mezzo), ottenuti grazie ad uno degli ultimi atti del Governo, guarda caso, Conte, che aveva come scopo il salvataggio delle nostre imprese colpite dal virus e dal lockdown.

In realtà i giornali sono stati tra i meno colpiti dal lockdown, ma tant’è.

Da qui le narrazioni epico drammatiche di congiure dei Nibeldraghi ai danni di Sigpeppe, oppure visioni mistiche di folle festanti adoranti (ma urna vuote) e bambini che cercano il suo abbraccio.

O Ancora la Peppeide dove l’eroe, caricandosi il Movimento, storpo e curvo dalle batoste come Anchise, sulle spalle mostra tutta la sua ira funesta in maniche di camicia.

Ma se i sogni muoiono all’alba, i penultimatum di Peppiniello si dissolvono ancora più velocemente.

“Mi chiedono di strappare, ma io non lo voglio, però non lo escludo” ecco il cerchiobottismo perfetto, che in confronto Giotto è un pivello.

Ah, dimenticavo, se il Cristo tramutò l’acqua in vino, il nostro eroe è riuscito a tramutare la concezione dei mercati politici delle vacche in “ricerca di responsabili”, sempre secondo la narrazione del Vangelo secondo Travaglio.

Comunque tornando alla linea politica dettata in smart working alla nostra ameba, dopo aver studiato il compitino, assimilato le novità della giornata, e con un paio di prove dinanzi allo specchio (“specchio, specchio della mie brame, di chi è la pochette più bella del reame?” “Tua, mio bel avvocato, da quando andavi in giro abbindolando gli italiani che la pandemia per loro era una bazzecola, “siamo prontissimi, in grado di far turismo” dicevi”), eccolo pronto per il giro palinsesto, tra tv e sagre varie, unici momenti dove la nostra ameba politica sembra, illusoriamente, avere una vita propria.

Avanti, adagio, fanculo.

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