08/03/2015 Roma, trasmissione televisiva In 1/2 ora, nella foto Vincenzo De Luca

De Luca e la questione amorale

Caso De Luca.
“Grazie a Matteo qui arriva un fiume di denaro”, “Io voglio i soldi”, “Me ne fotto del sì”, “La Bindi va uccisa”.

Così parlò Zarathrusta Vincenzo De Luca,

Il PD di Renzi la questione morale, tanto cara a Berlinguer, l’ha data in pasto ai maiali.
Gli stessi che ora vorrebbe farci credere di cacciare con una riforma pasticciata.
Grazie anche ad una trasmutazione genetica di un popolo che da gregge di pecore si tramuta in mandria di aSIni.

Dalle parole di De Luca, e dagli atteggiamenti dei componenti del governo a guida Renzi   si evince che si è confuso il lavorare per dare diritti ai cittadini, indistintamente, con la vile minaccia, di carattere mafioso, di fare concessioni solo se in cambio di qualcosa.

In un turbinio di lettere mandate con tanto di indicazioni di voto, atteggiamenti intimidatori, bandiere tolte a proprio uso e consumo, marchette elettorali di vario genere, la politica del nuovo che avanza, il rottamatore Renzi, assomiglia sempre di piu’ a quella che faticosamente cerchiamo di lasciarci alle spalle.

Se qualcosa ha rottamato Renzi, è se stesso e la speranza riposta in lui dagli italiani.

Al punto di riuscire a diventare antipatico (eufemismo, usato da Oscar Farinetti) piu’ di Berlusconi, persino alla sua stessa parte politica!

Non si tratta piu’ di questione morale, nè di immoralità che è la sua immagine riflessa  al contrario allo specchio.

Ma di questione amorale, intendo quest’ aggettivo come,  nella Treccani, “atteggiamento moralmente indifferente o che non si può giudicare con criterî morali; è distinto da immorale, in quanto, mentre quest’ultimo implica la piena antitesi alla moralità, amorale designa soltanto l’assenza della moralità stessa, o, più esattamente, l’impossibilità di valersene, in un determinato caso, come canone valutativo.”

E non riguarda solo la nostra classe politica o dirigenziale.

Ma pervade la vita sociale nostra di ogni giorno, le nostre scelte politiche.

Un continuo accettare compromessi al ribasso, al “meglio questo che niente”.

Inaccettabile quando si parla di scelte politiche, che dovrebbero essere essenzialmente non riconducibili a giochi al ribasso, ma rappresentare il punto culminante dell’universo sociale.

Non so se mi fa più ridere o incavolare nero chi afferma “voto sì anche se so che questa riforma non è il massimo che potevano ottenere”.

Signori, se stiamo a discutere di riforme non fatte, di un paese in crisi, di una classe politica e dirigenziale degenerata, di un paese diviso a metà, è perché si ascoltano  gli stessi discorsi da almeno trent’anni a questa parte.

Ci  siamo  continuamente turati nasi, e  di riflesso allargati altri orifizi, sempre accontentandoci.

La politica non è servire alla meno peggio il popolo ma offrire il meglio.
Quanto  ci sarebbe voluto fare una riforma senza se e senza ma che non avrebbe spaccato il paese?

Il solo fatto che si affermi, quasi a giustificarsi,  “non è la migliore riforma” è già di per sé una  condanna, non  solo alla riforma, ma al nostro ignavo modo di concepire la vita politica e sociale di questo paese.

Che noi, con il nostro  continuo accontentarci,  alla stregua di  complici di chi governa, abbiamo contribuito ad affossare.

E non diciamo  che lo facciamo per  i nostri  figli, nipoti o altre generazioni; dobbiamo avere abbiamo il coraggio di guardarli in faccia e spiegargli che, per ogni diritto tolto a loro, c’è dietro il nostro “voto così o voto tizio, anche se so che non è il meglio”.

Quando cavolo ci  stancheremo dell’ossicino gettato ai piedi della tavola?
Votiamo  come vogliamo , ma facciamoci almeno la cortesia, dopo, di non lagnarci delle emorroidi che sanguinano.

Altrimenti scegliamo un altra strada, ben piu’ difficile.

Riportiamo la questione amorale di oggi nei canoni dettati, meglio dire auspicati, da Enrico Berlinguer ieri.

 

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