Roma's captain Francesco Totti (R) scores the goal during the Italian Serie A soccer match AS Roma vs US Palermo at Olimpico stadium in Rome, Italy, 31 may 2015.
ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

Sempre doloroso mi fu questo érmo addio…

30 maggio 1994…
28 maggio 2017…
23 anni di distanza, ma entrambe giornate amare,che segnano l’addio di due capitani.

Addii amari, entrambi si sono sentiti sottrarre qualcosa, in maniera diversa.

Quella maglia, quei colori, il profumo dell’erba del tuo stadio, ti entrano nella pelle, nel cuore.

E’ difficile farne a meno.

Capìì, ma intimamente non perdonai, il dramma umano, interno,nella mente e nel cuore, di Di Bartolomei, il mio Capitano.

Capisco e non condanno il trauma di Totti,la Storia della Roma, che forse sino alla fine ha cercato di esorcizzare qualcosa di ineluttabile.

Al di là di tutto, non basta l’amore dei tifosi, dei compagni di squadra, della famiglia quando gli addii non li vivi come una fase di transizione ma come una violenza di chi si sente tradito.

Allora si sentì così Agostino.
Credo, a ragione, che oggi si senta così Francesco.

In un calcio senza cuore, e basato sulla legge del profitto, ecco, vorrei che la storia di Agostino avesse insegnato qualcosa alla società Roma, rimanendo vicino, molto vicino a quell’eterno Peter Pan che per 25 anni ha vestito la maglia numero 10.

E, al quale, da tempo, si è voluto, giustamente ma anche prepotentemente, ricordare che, al contrario di Peter Pan, c’è un tempo per giocare e uno per crescere.

Francesco non abbisogna di contratti da dirigenti farlocchi, ma di un giusto riconoscimento a quello che è stato e a quello che può dare, senza ipocrisie e bugie.

Cosa che non fu concessa ad Agostino.

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