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Afghanistan 2001: ONG lasciano, Emergency raddoppia

Oggi ci occuperemo di una storia sconosciuta ai piu’.

Prologo

Siamo nell’ ottobre 2001,quasi un mese dopo l’attacco alle Torri gemelle a New York dell’11 settembre. Gli USA decidono di attaccare massicciamente l’Afghanistan e il regime talebano. E’ una fuga in massa degli stranieri, compresi i funzionari della Croce Rossa e i rappresentanti di ogni altra Ong umanitaria, UNHCR (L’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati), WFP (Programma alimentare mondiale), la Croce Rossa, il WHO (organizzazione mondiale della sanità), l’UNICEF e l’UNOCHA (Ufficio dell’ONU per il coordinamento per i bisogni umanitari).images

Evacuare. Perchè?

Perché tutto questo? Certo, l’Afghanistan è un paese in guerra, oramai. Si aspetta l’inizio dei bombardamenti americani da un momento all’altro. Ma quando c’è una guerra e si spara, la gente cerca di fuggire, di salvarsi, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi modo. Se non serve allora l’UHNCR, quando sarebbe utile?

Un paese povero come l’Afghanistan soffre i morsi della fame anche prima, figurarsi in un periodo bellico. La fame e la guerra vanno a braccetto: perché allora il WFP evacua?ONG

Se c’è una guerra ci sono morti e feriti, mutilazioni e malattie. Le piu normali regole igieniche vengono a mancare. Perché il WHO lascia l’Afghanistan, allora?

In ogni guerra il conto piu’ salato lo pagano non i soldati, ma i civili. E tra i civili il maggior numero di perdite si contano fra vecchi e i bambini. Già, i bambini. Eppure sembra non saperlo l’ UNICEF, che abbandona l’Afghanistan.

I bisogni umanitari sono necessari dopo un catastrofe naturale, un’epidemia. In una guerra lo sono durante e dopo. Eppure l’UNOCHA sembra non interessarsene, anche se il suo compito è quello. Ed evacua.

A Solferino, nel 1859, un mercante,di nome Jean Henry Dunant, rimase talmente impressionato dalla mole di soldati feriti che si fermò a soccorrerli a rischio della vita. Dopo, Dunant avrebbe fondato il Comitato della Croce Rossa. Qualche secolo dopo, in Afghanistan, la Croce Rossa abbandona il campo.

Battaglia di Solferino
Battaglia di Solferino

Emergency: arrivano i nostri!

In questo marasma generale, nel fuggi fuggi indiscriminato, e con gli spot pubblicitari che invitano il mondo a sostenere le azioni di questa o quella ONG, c’è una sola organizzazione che fa il percorso inverso: EMERGENCY di Gino Strada.

logo Emergency
logo Emergency

Lo Stesso Gino Strada e una sua collaboratrice, Kate Rowlands incominciano un viaggio avventuroso per entrare in quel paese che dà lì a poco sarebbe stato sconquassato da una guerra che dura ancora oggi. In jeep o a cavallo, attraverso valichi impervi di montagna e sfidando il freddo pungente e disagi fisici, Gino Strada e i suoi collaboratori decidono di ritornare in Afghanistan!

In effetti il loro è un ritorno. A Kabul operava già da alcuni anni l’ospedale di Emergency, che assisteva le vittime della guerra di resistenza contro l’invasione sovietica e della successiva guerra civile. Le vittime erano in gran parte civili, soprattutto bambini , mutilati dalle mine antiuomo che a milioni infestavano, e tuttora infestano, il territorio afghano.

Gino Strada
Gino Strada

Ma da circa sei mesi l’ospedale di Kabul era chiuso a causa dell’ostilità del regime talebano, in particolare da parte del Ministero per la Prevenzione del vizio e la Promozione della virtù Il ministero esigeva che all’interno dell’ospedale ci fosse una netta separazione fra i sessi e che le donne afghane portassero sempre il burqa, salvo ragioni di assoluta necessità. Gino Strada si era rifiutato di aderire a questa richiesta, pur non opponendosi in modo rigido ad un abbigliamento che riconosceva appartenere ad una secolare tradizione locale. Il rifiuto aveva dato luogo ad una brutale aggressione da parte della polizia religiosa contro il personale sanitario di Emergency e ne era seguita, nel maggio del 2001, la chiusura dell’ospedale che non era più in grado di operare normalmente.

Kate Rowlands
Kate Rowlands

Kabul, mattatoio a cielo aperto.

L’8 novembre 2001, Gino Strada e Kate Rowlands arrivano a Kabul: La capitale è devastata, è diventata un immenso cimitero e una distesa di macerie ancora sotto le bombe. La situazione dell’ospedale di Emergency è difficilissima: si cerca di salvare vite umane con interventi chirurgici, spesso in extremis, sui corpi di bambini, di civili e di combattenti dilaniati dalle mine o colpiti da proiettili o da schegge di razzi e di bombe mentre l’ospedale stesso rischia di essere annientato dalle bombe americane che cadono anche nel centro di Kabul.

Chirurghi Emergency all'opera
Chirurghi Emergency all’opera

I chirurghi operano in una specie di bunker, incerti di riuscire a sopravvivere essi stessi Poi il regime talebano viene sconfitto, Kabul viene occupata dalle truppe americane e la situazione all’interno dell’ospedale si normalizza minimamente. Il personale di Emergency si occupa non solo dei malati che affluiscono nelle corsie dell’ospedale, ma si prende cura anche dei feriti gravi, in gran parte talebani, ammassati nelle carceri di Kabul, in attesa della morte.

Emergency riesce a far trasferire i feriti più gravi nel suo ospedale di Kabul, tenta di avviare scambi fra prigionieri tagiki e pasthun, ottiene l’autorizzazione a organizzare all’interno delle prigioni della capitale, in particolare nell’immensa e paurosa Polj-Charki, ambulatori di pronto soccorso per i malati più gravi. E si tenta di introdurre minime regole di igiene sanitaria ed elementari servizi igienici, di cui le carceri afgane sono, senza alcuna eccezione, assolutamente prive. Si arriva persino a distribuire un po’ di denaro al personale sanitario degli ospedali locali: medici e infermieri operano in condizioni igieniche e funzionali estreme e sono da mesi senza stipendio.

centro chirurgico a Kabul di Emergency
centro chirurgico a Kabul di Emergency

Il tutto viene documentato in un bellissimo reportage “Effetti Collaterali”.

Arrivano i nostri 2: con i marines tornano anche le ONG

Intanto le ONG tornano a loro posto. Pronte a chiedere aiuti umanitari al resto del mondo, magari con un semplice sms. Forse lo stesso mezzo che avevano usato per avvertire di evacuare l’Afghanistan quando era il momento non di lasciarlo, ma di accorrervi.

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