6 pensieri su “Comunicato dell’Ambasciata di Palestina a Roma”

  1. Hanno ragione, uno stillicidio infinito. Ma la questione di base è che lo Stato della Palestina vorrebbe che sparisse da quelle terre lo Stato d’Israele. Cosa credo sia impossibile in quanto luogo stabilito alla fine della seconda guerra mondiale e da lì non credo possano essere spostati. Da parte loro gli israeliani avanzano nei territori creando muri e imponendo doveri. Pensare che potrebbero vivere convivendo pacificamente!! Per un periodo hanno convissuto pacificamente, poi di nuovo la rottura. Non ho mai amato gli ebrei da sempre. Ma vedo che i palestinesi crescono i figli e ne fanno dei kamikase, gli ebrei crescono i figli con il fucile in mano. Questo mi fa male, molto male, pensare che quei bambini non hanno un’infanzia, una gioventù serena e che vivono solo pensando che da un momento all’altro possono morire…….deve essere terribile!Questa lettera che mostri di richiesta d’aiuto alle nazioni Unite e al Consiglio di Sicurezza dell’ONU spero abbia un riscontro positivo, ma ho i miei dubbi!

    1. Alla fine della seconda guerra mondiale la risoluzione ONU N° 181 cercò di mettere fine ad una guerra tra arabi e ebrei.Quest’ultimi , alla fine della prima guerra mondiale e grazie all’intervento della Gran Bretagna, che aveva il Mandato per il protettorato di Palestina, in cominciarono a fluire in Palestina come uno sciame.el periodo del Mandato l’immigrazione ebraica nella zona subì una netta accelerazione, mentre l’Agenzia Ebraica operò alacremente per l’acquisto di terreni in cui insediare i nuovi coloni. Il risultato fu quello di portare la popolazione ebraica in Palestina dalle 83.000 unità del 1915, alle 84.000 unità del 1922 (a fronte dei 590.000 arabi musulmani e 71.000 arabi cristiani), alle 175.138 del 1931 (contro i 761.922 arabi musulmani e i quasi 90.000 arabi cristiani), alle 360.000 unità della fine degli anni trenta, ai 905.000 del 1947, dopo la fine della seconda guerra mondiale.

      La forte immigrazione, in una terra dalle risorse limitate, unita ad un incremento della disoccupazione tra la popolazione araba (dovuto – secondo fonti arabe – principalmente alle politiche di assegnazione di numerose terre fertili ai coloni ebrei, spesso effettuata con vincoli che non permettevano l’ulteriore affitto o anche la semplice lavorazione da parte di non-ebrei), portarono a numerosi scontri tra la maggioranza araba e i coloni, scontri che colpirono anche insediamenti ebraici preesistenti rispetto all’ondata migratoria di quegli anni.

      Gli anni trenta iniziarono in una condizione di elevata tensione dovuta agli strascichi dei moti dell’aprile 1920 e maggio 1921 e soprattutto dei moti dell’agosto 1929, durante i quali era stata massacrata ed espulsa la secolare comunità ebraica di Hebron e alla fine dei quali la commissione britannica presieduta da Sir Walter Russell Shaw aveva fortemente condannato gli attacchi iniziali della popolazione araba contro i coloni ebraici e le loro proprietà, giustificando le rappresaglie da parte dei coloni ebrei contro gli insediamenti arabi come una “legittima difesa” dagli attacchi subiti, ma aveva anche individuato nel timore della creazione di uno stato ebraico il motivo scatenante della rivolta. Nel 1930 la commissione Hope Simpson, nata sulla scia delle conclusioni della commissione Shaw, rilevò ufficialmente i problemi di carenza delle risorse e di elevata disoccupazione tra la popolazione araba e i conseguenti rischi per la stabilità della regione nel caso di un loro aggravarsi, sostenendo anche che, dati i sistemi di coltura dei coloni e tradizionali della popolazione araba, non vi erano più terre fertili disponibili da assegnare ai nuovi coloni.La situazione precipitò nuovamente a metà degli anni trenta, dopo uno sciopero generale di sei mesi indetto dal Comitato Supremo Arabo, che chiedeva la fine del Mandato e dell’immigrazione ebraica, e che diede il via a tre anni di guerra civile, conosciuta col nome di Grande Rivolta Araba. Alla fine della rivolta, nel marzo del 1939, i caduti arabi assommavano a 5.000, quelli ebraici a 400 e quelli britannici a 200; più di 120 arabi furono condannati a morte e circa 40 impiccati e i principali capi arabi furono arrestati o espulsi.

      In questi scontri parteciparono anche diversi gruppi sionisti, i primi dei quali erano nati a partire dagli scontri degli anni venti (per proteggere gli insediamenti dei coloni), che col tempo si erano organizzati in strutture militari, come l’Haganah e il Palmach, e paramilitari, quali l’Irgun e la più estremistica “Banda Stern” alcuni dei quali agli scopi originali avevano affiancato il sostegno dell’immigrazione clandestina e anche gli attacchi diretti contro la popolazione araba e i diplomatici britannici, causando diverse centinaia di morti tra la popolazione.
      Il piano di spartizione suggerito dalla Commissione Peel nel 1937

      Verso la fine degli Anni trenta, dopo la Grande Rivolta Araba e alcuni falliti tentativi di divisione della Palestina in due Stati, sollecitata dalle conclusioni della Commissione Peel, la Gran Bretagna cominciò a negare al sionismo parte di quell’appoggio politico che aveva garantito a partire dalla dichiarazione di Balfour, producendo il “Libro Bianco del 1939″, con cui venivano posti dei limiti all’immigrazione (che nelle intenzioni britanniche sarebbe dovuta proseguire solo per altri 5 anni e per un massimo di 75.000 immigranti), si consideravano esauriti gli impegni presi con la dichiarazione di Balfour del 1917 e si prevedeva la creazione di un unico stato misto arabo-ebraico entro 10 anni. Nonostante il Libro bianco non prevedesse uno stato ebraico, le autorità arabe lo rifiutarono, ritenendolo comunque insufficiente e chiedendo il blocco completo dell’immigrazione ebraica. Posizione più dura contro il provvedimento fu ovviamente presa dai coloni e dagli esponenti dei gruppi ebraici, che per via della guerra in Europa aumentarono i loro sforzi nel favorire l’immigrazione clandestina (per mancanza di tempo ti ho riportato parte di scritto trovato su intenet)
      Chiudo con una postilla: penso che i palestinesi farebbero a meno di crescere i loro figli come kamikaze (ma cosa altro resta a chi non ha piu niente se non l’estrema disperazione come arma?), mentre dubito che gli israeliani crescerebbero i loro figli diversamente.Hanno avuto, loro malgrado, una buona scuola e l’allievo ha superato il maestro

      1. Credi quindi che non ci sia soluzione che l’eliminazione dello stato d’Itraele? E non ci possa essere una risoluzione diversa? Io non credo che Israele ceda e si sposti in altro luogo (dove comunque troverebbe opposizione) Come non credo che i Palestinesi desistano dal difendersi dai soprusi che subiscono…deduzione? guerra eterna e sterminio continuo?

        1. Non ci può essere soluzione perchè a nessuno interessa dei palestinesi e perchè dovresti deportare di nuovo gli israeliani per convincerli a cedere il mal tolto.La verità però, e questo è piu tragico, che la guerra finirà, questo è sicuro. Come è terminata in America fra i “buoni” cowboys e i “cattivi” pellerossa, oppure in Australia con gli aborigeni, o in sud america con le tribu’ amazzoniche e così via in molte altre parti del mondo. Devi solo dare tempo al tempo.

          1. Ma non si può vedere questo scempio…incredibile…tutti i giorni i tg ci portano scene angoscianti…Le popolazioni cui ti riferisci avevano altre armi, erano in quantità inferiori…qui si parla di popoli….sarà una guerra infinita e atroce!…..Dì, ma siamo sempre io e te a parlare? Non c’è nessuno che s’intromette per discutere un po’? Tutti taciturni!!!

  2. I nativi americani erano un popolo e si calcola che tra i 50 e i 100 milioni morirono a causa dei colonizzatori. Similmente, anche se in numero minore gli aborigeni australiani.Altro che numeri minori! In ogni caso erano superiori agli occupanti e un genocidio non si misura sulla qualità delle armi o sul numero dei morti

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