Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, durante la presentazione dell'opera di Caravaggio "San Giovanni Battista" presso il teatro Lido di Ostia (Roma), 29 settembre 2015.
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Ignazio Marino, dimissioni di un dismesso

Il caso Ignazio “ignoro” Marino , con le sue dimissioni, è emblematico dell’imbarbarimento culturale prima e politico dopo del nostro paese. Un sindaco eletto  quasi due anni fa dal popolo con un plebiscito quasi, ottenendo un 64% di preferenze che indica nettamente quale fiducia fosse stata riposta nella sua persona.

Eppure, dopo quasi due anni, Ignazio Marino è diventato l’emblema di tutte le malefatte romane, inetto testimone del degrado in cui sta cadendo la città eterna, Roma, la capitale d’ Italia, la città lasciva magistralmente raccontata nel film “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino. Una città che, in fin dei conti, racconta il disfacimento di una intera nazione, della sua classe politica e dirigenziale. E del suo popolo, efferato autore di un delitto perpetuato nel corso degli anni, elezione dopo elezione. Se chi ruba è il ladro, il popolo ne è il mandante attraverso le sue scelte. La dannazione di un popolo che, impossibilitato a scegliere il meglio, imbruttito dal peggio, immalinconisce nel limbo dell’accontentarsi.

corteo di protesta contro Ignazio Marino
corteo di protesta contro Ignazio Marino

Vittime e carnefici, popolo votante e votati, in un eterno gioco di riflessi negli specchi.  Ma Ignazio Marino è vittima e carnefice allo stesso tempo. Un ruolo che si è ritagliato piu’ o meno inconsapevolmente. Fosse un personaggio letterario sarebbe un manzoniano Don Abbondio, “vaso di coccio fra vasi di ferro“. Oppure una sorta di Dottor Jekyll e Mister Hyde, diviso non fra male e bene, ma fra il moralismo a priori e  la dabbenaggine in attesa nell’angolo.E allora perchè non potrebbe essere un novello Don Chisciotte, perso nelle sue fantasiose lotte contro i mulini a vento o i giganti immaginari?

Se fosse un personaggio storico romano potrebbe essere un Muzio Scevola che decide di non bruciare solo la mano ma l’intera persona, autolesionista oltre ogni limite. Se fosse un personaggio reale non potrebbe essere altro che Ignazio Marino, con le sue contraddizioni, le sue omissioni, le sue indecisioni. Con i suoi sogni, i suoi fallimenti. Una persona per bene, ma incapace di esserlo fino in fondo. Ignazio Marino ne è il classico esempio: il brillante chirurgo che cade nell’oblio di multe non pagate, il medico che salva la vita del passeggero sull’aereo per poi cadere su uno scontrino pagato a spese della comunità, il paladino dei diritti civili  spernacchiato per veniali bugie.  Ippocrate, precursore degli studi sulla personalità, avrebbe avuto il suo bel da fare, per classificarlo!

Ignazio Marino
Ignazio Marino

I suoi guai, in questi due anni di mandato, hanno viaggiato con una Panda parcheggiata in malo modo, hanno attraversato le storie di Mafia Capitale, sono andati a sbattare contro una squallida storia di scontrini fiscali. Si è trovato tra capo e collo un Giubileo non richiesto e non preventivato, probabile fonte di altri traffici illeciti. Forse meglio così: fosse durato un altro poco, ad Ignazio “Ignoro” Marino sarebbero stati contestati l’incendio di neroniana memoria, il sacco di Roma, e le l’eccidio delle fosse Ardeatine.  Un sindaco che forse ha l’unica colpa di essere la persona giusta nel luogo sbagliato, nel momento sbagliato, nel mondo sbagliato.  Una persona giusta, ma non un sindaco adatto!

Perchè questo è stato, Ignazio Marino, un sindaco buono per tutte le stagioni. Quelle del malaffare. Le sue omissioni, le sue bugie, le sue marachelle (a confronto di cosa hanno combinato altri, queste sono!) hanno prestato il fianco a coprire l’intero marciume che da anni copre come una cappa asfissiante la Città Eterna, Roma, Eterna sì, davvero, ma nel malaffare!

Ignazio Marino e Renzi
Ignazio Marino e Renzi

E oggi lo crocfiggono tutti: il popolo votante, il capo del suo partito che era festante con lui nei giorni delle prime ombre, i suoi falsi amici e i suoi veri nemici. Ora è tutto uno scaricabarile  e, chiuso nel barile che ruzzola, Marino precipita nell’ignominia. Quando sono lontani i giorni in cui il selfie-made-man Mattero Renzi si stringeva a lui come un fantino che indora lo zuccherino al cavallo vincente! Ma quando il cavallo incomincia a perdere diventa bistecca per macelleria e lo scudiero che se ne prendeva cura (Orfini, in questo caso) è colui che è destinato all’abbattimento del cavallo diventato ronzino. Pena il licenziamento. Il fantino, cioè il nostro Renzi, invece va via, cercando nuova gloria e spremendo nuovi cavalli. Purchè vincenti.

Le dimissioni di Marino sono un atto dovuto, in un paese in cui dimettersi non è cosa da tutti. Quello che colpisce è che Marino non si dimette per una città violentata da altre amministrazioni, per la sua incapacità nel redimerla e raddrizzarla, ma per le sue imbarazzanti piccole bugie, figlie di un comportamento intriso di dabbenaggine e forse troppo amore per una città che non l’ha mai amato veramente. Roma forse l’ha sopportato, sperando che fosse un Cincinnato, ma in realtà amando sempre i tiranni che offrivano sangue e adrenalina, morte e lacrime nel Colosseo.

Ora si andrà alla ricerca di un nuovo eroe da immolare nelle fauci di questa città spietata, simbolo di una nazione che non ha memoria dell’eroe, piccolo o grande che sia, ma affascinato ricordo del malfattore. Oppure questa città si troverà, con la scusa del Giubileo, e per paura delle elezioni, a sopportare un commissariamento voluto dal nostro nuovo duce, tal Matteo Renzi da Firenze. L’ennesimo segno che, in parte, in questo paese la democrazia l’abbiamo accontonata in nome di altri interessi.

Probabilmente le dimissioni di Ignazio Marino serviranno a liberarci da uno fra Dottor Jekyll e Mister Hyde, o forse entrambi, restituendoci il Marino chirurgo brillante, persona perbene con i difetti di tutti quanti noi, spegnendo una volta per tutte le luci della ribalta sul Marino politicamente inetto.  Forse Marino verrà ricordato come il peggior sindaco di Roma e forse non è del tutto falso. Non se la prenda, ha altre capacità e il tempo sarà il suo miglior giudice. Ma intanto utilizzi il suo tempo a capire se stesso. Quello che si è veramente. E non faccia il furbo con la possibilità di tornare tra venti giorni, sarebbe l’ennesima piccola grande bugia. Ecco, io per primo da uno come Ignazio Marino mi farei curare, gli affiderei la mia vita sotto i ferri. Ma governare, beh, quello proprio no.

Di Antonio Mattera

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