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EZIO VENDRAME, L’HIPPIE DEL CALCIO

«Il mondo del calcio oggi non esiste: è finto, acrilico. Al mondo ci sono stati solo tre giocatori di calcio: Maradona, Zigoni e Meroni. In questo rigoroso ordine, non alfabetico»

A profferire queste parole fu Ezio Vendrame, poeta, pensatore, musicista, tombeur de femme e , quando ne aveva voglia, anarchico calciatore dai piedi fatati.

Ezio se ne è andato il 4 aprile 2020, in pieno periodo di coronavirus.

Se ne è andato perché non è riuscito a dribblare, il gesto che nel calcio gli piaceva di più, il suo ultimo avversario, il tumore.

E’ cresciuto a 6 anni in un orfanotrofio, lasciato lì dai suoi genitori divorziati che non potevano “permettersi” di accudirlo.

Un ambiente da “Sleepers”, come lo racconta lui.

La disciplina dei preti che gestiscono l’orfanotrofio è una sottile linea di confine tra il fanatismo religioso e il sadismo puro.

Non di rado a Ezio e altri ragazzini, non propriamente docili, viene imposto, per punizione, di camminare al guinzaglio, come un cane da passeggio.

Come stupirsi se Ezio, in questo contesto, cresce del tutto anarchico e insofferente a qualsiasi forma di disciplina.

«Io sono di tipo randagio, di quelli che si uccidono da soli»

Potrebbe prendere, arrivato in maggiore età e libero oramai da quell’incubo, cattive vie.

Ne trova due che lo salvano. O lo dannano, se messe insieme, fate voi: il calcio e le donne.

Incominciamo dal calcio.

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Ezio è stato tante cose, forse il più grande talento inespresso italiano.

Di lui l’allora presidente della Juventus, Giampiero Boniperti, affermava che fosse simile a Kempes.

Di fatto, con la sua aria scanzonata, i suoi atteggiamenti anticonformistici da hippy, i capelli lunghi e la schiettezza nelle parole, pur non lasciando tracce indelebili nel calcio, seppe accattivarsi le simpatie di tutti i tifosi.

Quando decideva di giocare, il suo era calcio dispensato per regalare emozioni.

Tant’è che qualcuno ci morì pure: accadde quando giocava in serie C nel Padova, e lui sapeva che la partita con la Cremonese era “aggiustata” su un pareggio alla “volemose bene” .

La gente sbadigliava sugli spalti e lui confessò «vedevo gli sbadigli della gente e mi venne una vampata di vergogna»

Allora lui prese palla nella metà campo avversaria, dribblò tutti e si diresse verso la SUA di porta.

Arrivato lì dribblò anche il suo portiere, fece finta di tirare il pallone fuori e invece lo fermò sulla linea di porta e ritornò indietro «Così l’emozione è salva, bisogna vivacizzare il pomeriggio».

Uno spettatore sulla tribuna fu colpito di infarto e morì.

Ezio non si scompose più di tanto « Beh, se è debole di cuore non deve venire quando gioco io a calcio”

Altre volte decideva di «punire quel pubblico di ingrati… fanculo i sette milioni, viva le 44.000 lire» e quindi di vincere le partite da solo.

Successe in una partita sempre con il Padova, ma stavolta avversaria era l’Udinese.

I 7 milioni era la somma che gli offrì l’Udinese per “non giocarla” quella partita (« Accettai, altre volte mi capitava di giocare male…e gratis!»), le 44mila lire il premio vittoria del Padova.

Lui entra dentro il campo e il pubblico friulano incomincia a fischiarlo.

Decide di vendicarsi e così la partita la vince da solo, segna una doppietta, il secondo gol direttamente su calcio d’angolo e dopo avvertito, a gesti, i tifosi che avrebbe segnato in quel modo!

Ezio ha tutto, dribbling, tocco di palla, fantasia sfrenata, quella capacità di pochi si decidere l’andamento delle partite.

Nel bene e nel male.

Come a Vicenza, nell’allora Lanerossi Vicenza, dove diviene ben presto un idolo: dei tifosi e delle signore in tribune.

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Già, le donne, l’altra sua ancora di salvezza, o di perdizione.

Perché per Ezio, dalla disciplina truce dell’orfanotrofio alle donne, passando per il calcio, è sempre tutto su una sottile linea di confine: salvezza o perdizione, bene o male, bianco o nero.

E lui, che ai diktat proprio non riesce a sottostare, cade sempre più nel nero.

Salta gli allenamenti, non fa proprio una vita da atleta, decidere di vivere la vita «così come è, perché ne ho una sola e voglio giocarmela come dico io».

E così decide, come in occasione della partita contro l’Inter di Mazzola e Facchetti, nel 1972, di crearsi un proprio rito a suo uso e consumo.

“La notte precedente la partita la passai in compagnia di una “passeggiatrice brasiliana”.
Portò fortuna e da allora divenne quasi un rito ! Niente mi rilassava di più il giorno prima di una partita …” ricordava divertito Vendrame.

E come dargli torto! In quella partita l’allenatore dell’Inter, Invernizzi, è costretto a cambiare tre volte marcatura su Vendrame.

Quel giorno Ezio è imprendibile, persino Facchetti, un gigante del nostro calcio, deve inchinarsi a lui.

Tre anni di pazzie, goliardate e un solo gol a Vicenza, ma il ricordo indelebile di una classe cristallina, di giocate dentro e fuori dal campo impensabili.

“Ho portato a letto centinaia di donne ! ma giuro … le ho AMATE tutte quante. Non ho mai fatto l’amore senza sentimento” affermerà sempre, assolutamente convinto, il nostro Ezio.

Comunque sia, quegli anni a Vicenza gli permettono di staccare il biglietto per il Napoli di Vinicio, che crede di poter addomesticare questo cavallo di razza.

Errore. Lo capisce Vinicio, lo sa già Vendrame.

Così è lo stesso Vendrame a dire all’allenatore brasiliano «Se mi mandi in tribuna, io godo come se facessi sesso».

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Il ruolino parla di sole 3 presenze e nessun gol e da lì una lenta discesa nelle serie inferiori, a dispensare emozioni tra i tifosi e tra le loro signore, sempre in bilico tra l’essere angelo per gli altri o demonio per se stesso.

«Perché a me piaceva da matti giocare al calcio. Quello che non mi piaceva era fare il calciatore»

Si ritira dal calcio giocato, prova a fare l’allenatore dei ragazzini, che lo adorano per quel suo fare anticonformista, da fratello maggiore.

Il suo consiglio è semplice, ai giovani, «Ragazzi miei, la prima cosa che dovete fare è buttare nel cesso le vostre Playstation e rinchiudetevi in quel cesso con un bel giornaletto di quelli giusti. Quando uscite innamoratevi appena potete di una bella figliola. Perché il sesso fai da te è bello, ma quello con una coetanea è molto meglio!»

Logico che a qualche genitore non vada giù, tanto da voler pagare di tasca sua la società pur di levarlo dalle palle.

«So che certi genitori mi detestano, infatti il mio sogno è allenare una squadra di orfani»

Scopre così la pittura, la poesia, scrive libri, suona, in pieno stile hippy.

Non torna più a Casarsa, il paese natio, quello che l’ha odiato e lui odia di ricambio.

«Pier Paolo Pasolini era anche lui di Casarsa. Non era sopportato e ci è ritornato solo orizzontale. Così ci ritornerò io»

Una promessa mantenuta il 4 aprile 2020, come quel gol annunciato da calcio d’angolo, in un percorso fatto a ritroso come su quel campo dove dribblò tutti gli avversari per depositare la palla sulla linea della sua porta.

Ezio è cresciuto in un orfanotrofio, è morto in un monolocale di campagna :«Sono in affitto, della proprietà privata non mi importa niente».

Già, proprio da Ezio Vendrame.

 

2 pensieri su “EZIO VENDRAME, L’HIPPIE DEL CALCIO”

  1. Lo incontravo spesso fuori da un edicola/libreria qua in paese, forse andava a verificare le vendite dei suoi libri, ma onestamente non l’ho mai visto con una gallina al guinzaglio, come leggenda vuole. Ciao Ezio!

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