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SILVIA O NON SILVIA

Ora mi prendo gli strali dei buonisti.
Contentissimo del rilascio di Silvia Romano e convintissimo che non ci siano valori economici che tengano per riportare una persona a casa.
Lo si fa e basta.
Detto ciò, se viene confermato il fatto che la ragazza professi convinta la sua adesione all’Islam (scelta condivisibile per carità, nel normale, figurarsi nell’eccezionalità della sua situazione), esso è uno schiaffo in faccia alle migliaia di persone in tutto il mondo che soffrono violenze, stupri, persino uccisioni difendendo la scelta di una fede, o di un modo di pensare, fino alle estreme conseguenze.

La debolezza è umana, ci può stare, dare una tregua a orribili sofferenze tramite scelte opportunistiche è lecito, giustificare quelle idee al momento è accettabile attraverso eventi come “la sindrome di Stoccolma”(praticamente ti innamori del tuo carceriere).

Perseguirle dopo, alla tua liberazione, è meno giustificabile.
E non sto qui a citare gli esempi come Fabrizio Quattrocchi, del tutto non confacenti alla situazione, ma esplicativi di come alcuni valori si difendano, sempre e comunque.

Insomma, avrei preferito una Silvia Romano veramente libera.
Se lo Stato italiano ha pagato per riportare a casa una persona vogliosa di riabbracciare i valori (giusti e sbagliati che siano) della nostra società, bene ha fatto.

Se quella persona non riesce a capire che non c’è alcun valore, né sentimento che valga, in ciò che viene imposto con la forza, è invece un problema di tutti, italiani, cattolici, musulmani che siano.

Convintissimoche siano i residui di un post stress.

Se non fosse così, benvenuta e bentornata, però evitiamo ora di presentarla come eroina e messaggera di integrazione culturale.

Avanti, adagio, fanculo

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