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IL KAISER, OVVERO COME DIVENTO FAMOSO SENZA SCENDERE IN CAMPO

Da dove partiamo nel narrare questa storia di calcio che sembra una balla ma è ridicolmente vera?

Magari partiamo dalle parole di Ricardo Rocha, ex difensore brasileiro del Real Madrid e della nazionale carioca.

«Gli unici problemi Carlos ce li aveva con la palla. Diceva di essere un attaccante, ma non ha mai fatto un gol né un assist. Diceva sempre di essere infortunato. Se la palla andava a sinistra lui andava a destra e viceversa. Non aveva talento ma era un tipo simpatico. Tutti gli volevano bene»

Di chi stiamo parlando?

Di Carlos Henrique Raposo, detto Kaiser per il suo fisico, ovvero il calciatore che non scese mai in campo.

Attenzione, però: il nostro non è un eroe dei calcio di provincia, anzi.

In venti anni Carlos Henrique Raposo ha indossato le maglie di dieci diverse squadre in ben due continenti.

In patria la maglia di squadre come Flamengo, Fluminense, Botafogo e Vasco De Gama, praticamente Juventus, Milan, Inter e Roma del campionato brasileiro.

Poi qualche puntatina in Messico,. Usa e persino Francia.

Tutto questo con una unica condizione: senza mai sfiorare il pallone.

Per esser più precisi: vent’anni di calcio, 34 presenze totali, un numero esiguo di minuti giocati

Tanto basta, però, per dedicargli un libro e persino un film, uscito ad aprile 2019: Kaiser! Il più grande truffatore della storia del calcio

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Racconto la sua storia partendo dalle sue parole.

«Le squadre che mi hanno ingaggiato hanno festeggiato due volte.Quando sono arrivato e quando me ne sono andato»

In effetti il nostro Carlos è completamente negato per il calcio, ma non desiste.

Ama troppo la bella vita, il denaro e il sesso e sa che il calcio può dargli tutte queste cose.

Allora incomincia a frequentare i locali in di Rio De Janeiro, dove incontra giocatori del calibro di Renato Portaluppi, Rocha, Bebeto, Romario, Careca, Andrade, Edmundo, Marinho Chagas.

Diventa loro amico, gli procura donne e svaghi, gli risolve problemi economici.

Da loro in cambio pretende, o per meglio dirla, gliela offrono spontaneamente, solo una cosa: l’ingaggio nella squadra dove giocano.

E dopo tutto, alle stelle del calcio brasiliano conviene avere in squadra uno come il Kaiser.

Eh già!

«Se il ritiro era in un albergo, io ci andavo due o tre giorni prima portando con me una decina di ragazze e affittavo loro le stanze sotto quelle prenotate per la squadra. Così di notte nessuno doveva lasciare l’albergo, bastava scendere le scale»

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Ora, vi chiederete, ma come faceva il nostro Carlos a disertare la guerra e essere sempre eroe?

Semplice, spesso erano i giocatori suoi amici a trattenerlo se i dirigenti volevano cacciarlo.

Laddove non bastava ecco bustarelle a medici compiacenti, a giornalisti pennivendoli che ne decantavano le lodi.

Al momento del primo allenamento Raposo si presentava fuori forma, con piccoli guai fisici che lo obbligavano a continuare la preparazione con un fantomatico allenatore individuale.

E anche quando arrivava il momento di dimostrare davvero le sue doti in campo, palla al piede in mezzo a compagni e avversari, il Kaiser si dimostrava pronto: bastava essere già d’accordo con un “complice” per esibirsi in uno scontro in area che, regolarmente, lo spediva in infermeria.

Non bastava? Ecco il certificato medico di un amico dentista che attestava i suoi problemi fisici e che aveva bisogno di allenamenti personalizzati con trainer di fiducia.

A casa naturalmente.

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«Presidente, Dio mi ha dato due padri: il primo l’ho perso, il secondo è lei. Quando ho sentito i tifosi insultarla, non ho capito più niente. Fra una settimana me ne vado, non si preoccupi »

Non era solo questo, Carlos, un meschino intrallazzatore, ma un vero e proprio genio, capace di trovare soluzioni all’istante.

E così che si rivolge, con le parole sopra citate, al suo presidente del Bangu (uno degli uomini più pericolosi del Brasile all’epoca).

Accade infatti che durante una partita in cui la sua squadra perdeva 2-0, Andreade, patron del Bangu e delle scommesse illegali, tramite un walkie-talkie, ordinò di far scendere in campo il nuovo acquisto.

Carlos appunto.

Il nostro genio della truffa non si scompone più di tanto.

Subito prima della sostituzione, Raposo prende di mira un giocatore avversario, uno qualsiasi, e iniziò a inveire contro di lui e a insultarlo fino a scatenare una rissa tale, coinvolgendo persino i tifosi, da dover interrompere la partita.

Risultato: espulso prima di entrare in campo.

Il presidente scese furioso negli spogliatoi, non era un tipo a cui piacevano i giri di parole, ma una volta ascoltate quelle del Kaiser anche lui dovette cedere al suo fascino.

Tanto che gli prolungò il contratto di 6 mesi…

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«Lo stadio era piccolo ma pieno di tifosi. Pensavo che avrei dovuto solo fare qualche corsetta e salutarli, ma quando sono arrivato in campo ho visto che c’erano dei palloni e ho capito che avrei dovuto allenarmi sul serio. Sono diventato nervoso, avevo paura che dal mio primo allenamento avrebbero capito che non sapevo giocare »

Se quella è la laurea, in Europa, alla squadra francese dell’Ajaccio prende il master in truffologia calcistica.

Stadio pieno, tifosi in delirio (anche se non si capisce il perchè), tanti palloni per il campo, il presidente che gli chiede una presentazione alla Maradona, con tanto di palleggio.

Lui non si scoraggia,, di Maradona fa solo il lancio del pallone verso i tifosi, con le mani naturalmente e maglietta dell’Ajaccio baciata a più non posso.

Alla fine, dei suoi nemici sul campo, i palloni, non ne resta nemmeno uno.

Pazienza, i palleggi saranno per un altra volta.

Tanto Carlos è già un idolo a quel punto.

«Sono stato il più grande calciatore… a non giocare a calcio. La mia è la storia di un anti- calciatore, non giocavo, non segnavo, non toccavo palla»

Raposo, che in portoghese equivale al nostro termine di “volpe”, dopo tutto ha solo tenuto fede al suo nome.

Del calcio ha voluto gli onori (sesso, donne e denari) senza prendersi gli oneri (allenamenti, sforzi fisici, partite).

Provate a contestare che le sue finte malattie, infortuni, i suoi continui e riusciti intrallazzi, le sue invenzioni al momento, non siano degne di una finta di Messi, Maradona, di un aggancio di Crujiff, di un gol di Batistuta.

E che il suo genio nello scamparla non sia eguale a quello in campo di Schiaffino, mitico calciatore uruguagio.

E che non abbia la scaltrezza tattica di un Falcào, di un Guardiola.

Carlos Henrique Reposo, in arte il Kaiser, è un artista del calcio a tutto tondo.

Uno che, nonostante tutto, rende meraviglioso questo sport proprio per queste storie che ci permette di raccontare.

A lui andrebeb dato un Pallone d’Oro, di quell’oro “di Bologna che passando per Lucca si vergogna”.

Tranquilli, lo prenderebbe senza battere ciglio.

Dopo tutto il suo scopo era solo divertirsi e far divertire chi aveva intorno, dai calciatori suoi amici ai tifosi.

E voi divertitevi con lui, magari partendo dal film.

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