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L’eccidio del Lucina

La strage dei sette marinai italiani del mercantile Lucina avvenne nella notte tra il 6 e il 7 luglio 1994, nel porto di Djendjen, a circa 300 chilometri da Algeri. Furono trovati tutti con la gola squarciata: sei nelle loro cuccette, uno che forse si era accorto di quanto stava accadendo, in un corridoio.

A scoprire l’eccidio era stato, la mattina alle 7, un portuale insospettito per l’assenza di segni di vita sulla nave di proprietà della società `Sagittario’ di Monte Procida, giunta da Cagliari il giorno prima, con un carico di duemila tonnellate di semola per il cus-cus. Il mercantile in quegli anni veniva utilizzato dall’imprenditore cagliaritano Massimo Cellino.

Il comandante della nave si chiamava Salvatore Scotto, aveva 34 anni ed era di Napoli. Gli altri membri dell’equipaggio erano Antonio Scotto Cavina (49 anni, di Monte Procida), Antonio Schiano Di Cola (40 anni, di Procida), Gerardo Esposito (48 anni, anche lui di Procida), Domenico Schillaci (24 anni, di Agrigento), Andrea Maltese (38 anni, di Trapani) e Gerardo Russo (27 anni, di Torre del Greco). Due membri dell’equipaggio scamparono alla morte perchè si erano trattenuti a Cagliari per una breve licenza.

Uno di loro era Gaetano Giacomina, un agente segreto della struttura Gladio che per anni era stato infiltrato in Algeria. Ma questo è solo il primo di una lunga catena di misteri che circondano la strage della Lucina. Giacomina morirà poi in uno strano incidente, nel 1998, nelle Isola del Capo Verde.

il Lucina era attraccata alla banchina con la passarella abbassata come se l’ equipaggio aspettasse dei visitatori. Le successive indagini hanno accertato che il capo del commando terrorista, il ‘Napolitano’ , era salito a bordo del Lucina più volte prima della strage. Fatto sta che quella notte quando i terroristi irruppero nella nave i marinai non si scomposero. Era come se avessero avuto un appuntamento con i loro aggressori. Uno vedeva la tv, due erano sdraiati. Sui loro corpi non furono trovati segni di colluttazione. Sei marinai furono sgozzati senza che se ne rendessero conto. Solo uno tentò di fuggire e fu inseguito e assassinato sul ponte.

La versione ufficiale dei fatti, che attribuisce la strage ai terroristi del Gia. Ma numerosi sono i misteri intorno al Lucina e quella strage. Nell’ottobre del 1997, un ex agente segreto algerino rilascia un intervista al giornale inglese Observer. L’uomo, presentato con il nome in codice Joseph, raccontò che il massacro della Lucina era opera dei servizi segreti algerini. Il loro obiettivo era quello di creare una grande tensione internazionale alla vigilia del vertice del G-7 a Parigi, per ottenere così aiuti economici per il regime, ormai sull’orlo della bancarotta.

Il Lucina stava effettuando un carico di 2.600 tonnellate di semola per conto della Sem Molini sarda, di cui è presidente l’ex presidente del Cagliari, Massimo Cellino, destinato all’ Enial, l’ Ente di stato algerino che ha il monopolio dell’ importazione dei cereali.
Dopo la strage gli inquirenti accertarono la presenza sulla nave di sole 2.000 tonnellate di semola. Mancavano delle merci per 600 tonnellate. Di che merce si trattava? Che fine aveva fatto? Quelle 600 tonnellate di merce risultate mancanti potrebbero essere state delle armi?

L’ambasciatore italiano Patrizio Schmildlin affermò che «Non sono mai stato informato della presenza del Lucina nel porto di Djendjen. E questo contrariamente alla prassi che viene seguita normalmente»

Ma la catena dei misteri che circondano la Lucina non finisce qui. Il mercantile, infatti, era alla fonda nella rada di Feraxi la sera del marzo 1994, quando scomparve nel nulla l’elicottero della Finanza Volpe 132, con a bordo il maresciallo Gianfranco Deriu di Cuglieri e il brigadiere di Ottana Fabrizio Sedda. Secondo il racconto di alcuni testimoni, l’elicottero sorvolò la Lucina prima di esplodere. La nave, poi, a luci spente, prese il largo. Tutto questo accadeva quattro mesi prima della strage di Djendjen.

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