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Il calcio unisce, Israele divide

Ma no, non sono razzisti in Israele, solo un tantino piu’ vicini all’apartheid del Sudafrica. Ma no, non sono una dittaura sanguinaria pari al nazismo, visto che il loro unico campo di concentramento, Gaza, è a cielo aperto. Ma no, non sono ignavi, profittatori, grassatori in Israele, visto che sono un secolo che derubano le altrui proprietà. Ma no, non sono assassini e sanguinari in Israele, capita solo per caso che venga bruciato qualche palestinese. Ma  no, non sono quelli che non rispetto alcuna convenzione internazionale, in Israele, visto che sono la democrazia medioroientale per eccellenza. Ma certo che i palestinesi sono quelli brutti, sporchi e cattivissimi.

Israele è un paese talmente limpido e gioioso (come sostiene Roberto Saviano) e che ha il diritto e il dovere di esistere (come sostiene un pagliaccio italiano di nome Renzi), che persino una partita di calcio diventa un impresa per i palestinesi.levi frase

Di seguito un articolo di Carlo Perigli.

“Sarebbe stato un evento storico, anche se solamente sportivo, significativo di un cambiamento che in futuro dai campi di calcio potrebbe estendersi oltre. Ma, almeno per il momento, si dovrà aspettare ancora, perchè la gara di ritorno della finale di Coppa di Palestina, tra l’Al Ahly, i campioni di Cisgiordania e la Shejaia, vincitrice del campionato di Gaza, in programma per domenica scorsa ad Hebron, è stata ufficialmente rimandata a data da destinarsi. La federazione calcistica palestinese ha preso la decisione in seguito al rifiuto di Israele di far passare sul proprio territorio alcuni giocatori della Shejaia, la squadra che viene da Gaza.
“Sette persone, inclusi quattro giocatori, non erano nella lista – ha spiegato Ala Shammaly, rappresentante dell’ufficio stampa della squadra – e così l’intera spedizione ha deciso di non lasciare Gaza senza di loro”. calcio
Una partita storica, dicevamo, che già il 29 luglio era andata di scena a Gaza (0-0 il risultato finale), e della quale era previsto il ritorno il 2 agosto. Solamente calcio? Forse, ma, come l’ha definita Abdel-Salam Haniyeh, rappresentante della Federazione di Gaza – una “pietra miliare” per il calcio palestinese, “un primo passo verso l’unificazione delle competizioni di Gaza e Cisgiordania“. Un sentimento ancor meglio espresso da Khaldom al-Halman, attaccante dell’Al-Alhy, alla vigilia della partita di andata. “Sono fortemente onorato ed orgoglioso – aveva dichiarato – questa è la prima volta che visito Gaza in vita mia, e non riesco a trovare le parole per descrivere i miei sentimenti”.
I problemi posti da Israele alla circolazione dei calciatori da Gaza alla Cisgiordania erano già stati sollevati all’ultimo congresso annuale della Fifa, svoltosi a maggio. In quell’occasione, la delegazione palestinese, lamentando i frequenti limiti posti da Tel Aviv, aveva minacciato di chiedere una votazione con l’obiettivo di sospendere Israele dalla Federazione. Proposta in seguito ritirata in cambio della promessa della Fifa di inviare osservatori per capire meglio la situazione, e dell’impegno di Israele di rimuovere gli ostacoli al passaggio dei calciatori tra Gaza e Cisgiordania. Promesse che al momento si infrangono contro l’evidenza di una situazione ancora lontana dalla normalità.”

 

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